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n.3
maggio/giugno 2015

 

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Lo Spirito è dono

 
di
FERNANDA BARBIERO

 

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L'esistenza cristiana è intimamente segnata dalla "nube dello Spirito" (cfr Mt 17,5). È lo Spirito che porta i fedeli alla loro piena configurazione a Cristo. Ma, in cosa consiste, concretamente, la presenza dello Spirito Santo e qual è il significato dei suoi doni? La risposta è semplice: la vita cristiana, per svilupparsi e giungere a maturazione, esige l'assistenza speciale dello Spirito e dei suoi doni. Il mistero profondo dello Spirito è quello di essere dono: "Si può dire che nello Spirito Santo la vita intima del Dio uno e trino si fa tutta dono, scambio di reciproco amore tra le divine Persone, e che per lo Spirito Santo Dio esiste a modo di dono.

Essendo dono lo Spirito è la sorgente di ogni dono creato, come la vita, la grazia, la carità: "L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato" (Rm 5,5). Ed è Gesù che ha dato il suo Spirito come dono di vita nuova agli apostoli, alla Chiesa, al mondo: "Innalzato alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire" (At 2,33).

 

Far sentire l'umanità che è in noi.

La presenza dello Spirito Santo in noi ci dona la libertà di fare sentire l'umanità che è in noi e nella quale la fede cristiana assume una fisionomia concreta.

La fede non irrigidisce l'uomo nella forma ingessata di un'idea o di un precetto. La fede autentica rende più umani, più capaci di sentire e di patire, di amare e di soffrire; e questo deve vedersi. Anche la vulnerabilità del credente ha un suo valore, dice che nella persona i suoi meccanismi psicologici di difesa non hanno indotto una sordità del cuore, ma che al contrario l'abitudine all'ascolto della parola di Dio ha reso più capace di ascoltare (cfr 1Ts 1,6), e la condivisione della passione di Dio ha reso più capace di amare l'uomo (cfr Gal 6,14).

 

Vedere formarsi il 'corpo di Cristo nel mondo'

«La vita, che scaturisce dal mistero pasquale, offre dei segni consolanti: il desiderio che l'uomo nuovo, trovi nel mondo un corpo, nel quale esprimere se stesso; e il desiderio che il mondo con la sua ricchezza e varietà sorprendenti trovi un capo, Cristo, che gli dia unità e senso (cfr. Ef 4,15-16.23-24). A questo consacriamo la vita. Nonostante le difficoltà che sembrano bloccarci, nonostante gli insuccessi così umilianti, l'uomo spirituale continua a credere che Cristo sia il senso della storia, e che solo nel mistero della morte trasformata in amore, e della resurrezione affidata alla potenza di Dio, possa acquistare senso l'esistenza con la sua forza e la sua debolezza» (Mons. L. Monari, Omelia sullo Spirito Santo).

La gioia, che è frutto dello Spirito, dà occhi che sanno vedere con stupore e rispetto, il formarsi il corpo del Cristo nel mondo (cfr. Ef 2, 15-16). Gioia di essere portatori di una Parola che dà dignità all'uomo e riscatta la sua storia (cfr. Gv 4, 42).

 

L'uomo spirituale

«Lo Spirito ha un modello di uomo da formare: l'uomo spirituale; un uomo cioè che, avendo fiducia nell'amore di Dio, si apre senza paura alla verità e all'amore per gli altri. Gesù è l'uomo dello Spirito. L'uomo nuovo. Si tratta, allora, di imparare da Gesù, di assumere i suoi sentimenti, la sua forma interiore, i suoi valori di vita, le sue scelte di fondo. Gesù non ci chiede di copiare ed eseguire uno schema già fatto, ma di creare forme sempre nuove e migliori. Di crearle non stupidamente, immaginando di vivere in un mondo che non esiste e nemmeno egoisticamente, cioè cercando il nostro vantaggio privato, ci chiede di creare piuttosto con intelligenza, attenti alla realtà della persone e delle cose» (Mons. L. Monari). Di attuare con amore, cercando il bene di tutti, di realizzare con fede, cioè amando Dio e abbracciando la sua volontà. Questa trasformazione non avviene di colpo, è un processo lungo, a volte faticoso, che può durare tutta la vita.

 

Diventare persone libere

La testimonianza che, come cristiani, dobbiamo rendere a Gesù Cristo comprende tutto questo. Si tratta di mostrare – con la vita concreta – che l'incontro con Gesù ci ha reso più umani; e mostrare che la croce di Gesù – immagine apparente di fallimento e di umiliazione – contiene in realtà una sapienza misteriosa e genera comportamenti di bene. Se voglio essere cristiano, se voglio imparare il pensiero di Cristo, debbo passare da qui, dalla croce come compimento dell'amore. Il dinamismo dell'amore conduce fino al dono della vita e che il dono della vita è in realtà doloroso e angosciante. Sappiamo bene quanto sia doloroso ingoiare una critica o un giudizio di condanna per qualcosa che abbiamo fatto in buona fede. L'amore quotidiano è fatto di mille rinunce, di qualche umiliazione, di qualche gratificazione. Eppure da questo amore quotidiano, paziente, mite, passa l'unico, vero apprendistato dell'amore che affascina e attira.

 

Disponibili ai fratelli

È capitato così a Gesù di Nazaret. Il suo rapporto con Dio è un rapporto filiale, quindi di totale appartenenza, di relazione intensa dal punto di vista affettivo. Gesù sa di avere ricevuto tutto dal Padre e vive questa dipendenza con libertà e amore pieno. Per questo il Figlio sente e percepisce che la sua vita appartiene al Padre, la sua è una vita donata e santificata nel dono. Questa esperienza permette a Gesù di uscire totalmente dall'egoismo e di donarsi interamente agli altri secondo la volontà e il disegno del Padre. Gesù trascende così completamente la tendenza egoistica del cuore umano che può muoversi con piena libertà in mezzo al successo e all'insuccesso, alla vita e alla morte.

Il rapporto intenso, totalizzante con Dio, lo rende pienamente disponibile agli uomini. Perciò Gesù è passato facendo del bene e sanando tutti. È il rapporto col Padre che rende il passaggio di Gesù portatore di salvezza.

Gesù ha conosciuto tutta la malvagità e la debolezza umana; eppure questa sofferenza non lo ha reso cattivo. Perché? Perché affidava la difesa della sua causa a Dio che giudica con giustizia. Egli può subire ingiustizia senza diventare cattivo perché fa affidamento in Colui che certamente gli renderà giustizia. Il senso della sua esistenza nella carne è tutto qui: Gesù è stato perfettamente umano proprio perché era pienamente divino; ha vissuto nel modo più vero le relazioni con gli uomini proprio perché era in relazione costante con Dio; perché sapeva di essere amato e custodito da Dio. Essere testimoni di Gesù significa seguire le sue orme. Nella missione e nella testimonianza non si tratta, prima di tutto, di fare qualcosa, ma di essere se stessi, cristiani, credenti. Si tratta di lasciare che l'amore di Dio nel quale noi crediamo prenda progressivamente possesso dei nostri pensieri, sentimenti, decisioni e azioni.

Allora, la vita di un discepolo del Signore, di un cristiano, di una creatura vivificata dallo Spirito, non coltiva e non cerca giustificazioni mondane. L'unica giustificazione è quella che viene dalla fede, non quella che viene dalla nostra virtù e tanto meno quella che viene dall'approvazione degli altri. Diventare liberi, non avere più bisogno di affermare la nostra ragione, è il traguardo di un cammino lungo di purificazione, e spesso dobbiamo avere pazienza con noi stessi e incamminarci decisamente per questa via.

 

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Amici lettori e care lettrici, il fascicolo di Consacrazione e Servizio che avete tra le mani – il terzo del 2015 – continua la struttura di fondo ormai consueta. Il focus è costituito dal corposo Dossier nel quale potete trovare una miniera di spunti per la riflessione personale e la formazione teologica e spirituale. La qualità dei contributi è contrassegnata da firme autorevoli. Non resta che augurarvi da parte mia e della Redazione buona lettura e buon cammino con la guida sicura dello Spirito.

Fernanda Barbiero

Suore Maestre di S. Dorotea

Via Raffaele Conforti, 25 – 00166 Roma

fernandabarbiero@smsd.it

 

 

 

 

 

 
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