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n.3
maggio/giugno 2015

 

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Accompagnare i giovani
L'arte della guida spirituale

 

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Chi sono i giovani?

Non è possibile rispondere a questa domanda se non utilizzando categorie molto generiche: ogni giovane è unico in sé, inoltre i tratti comuni ad una generazione di giovani mutano sensibilmente in quella successiva. In questa prospettiva risulta utile il contributo di L. De Almeida¹ che, tentando una fotografia del mondo giovanile, evince una immagine di giovani piuttosto autoreferenziali, il cui "Io" è la misura di tutte le cose, Dio e Chiesa compresi. In altri termini la domanda che sembra prevalere nel giovane non è tanto "cosa posso fare io per il mondo", ma "qual è il modo più facile per godere il più possibile del mondo". Tuttavia si riscontra ancora in loro un desiderio autentico di Dio: di un Dio personale, vicino, il Dio di Gesù di Nazareth, che accetta l'uomo con le sue fragilità, che è misericordioso, che ama tutti e si prende cura di ciascuno.

I giovani risentono del contesto sociale attuale, segnato da complessità, secolarizzazione, disoccupazione: strutturandosi con personalità tendenzialmente fragili, cercano identità in modo difensivo, concentrati sui propri bisogni e sulla lotta per soddisfarli. Anche da questo deriva la fatica a vivere la vita come progetto a lungo termine. Si tende a dilazionare l'adolescenza: la mancanza di modelli adulti ritenuti credibili, la paura del futuro, il senso di inadeguatezza portano i giovani a vivere alla giornata. D'altra parte le opportunità che si stagliano sul loro orizzonte sono molte: nella dialettica tra libertà e desideri, faticano ad andare oltre l'immediato, il piacevole, il soggettivo, l'"importante per me".

Ma il mondo giovanile non presenta solo problemi. Nasconde notevoli risorse in termini di domande di autenticità, di verità, di amore, di pienezza, di felicità, di interiorità, di una religiosità resa credibile dall'aver superato la prova dell'esperienza. Questa ricerca di autenticità porta con sé anche il recupero di alcuni valori: come la corporeità, la relazione, l'amicizia, la dignità personale, la realizzazione di sé, l'impegno sociale.

Queste domande esistenziali possono trovare risposta nell'antropologia cristiana, cioè nel modello di umanità proposta da Gesù di Nazareth. Egli offre un progetto di vita in cui la libertà è messa in gioco non per quello che piace o che gratifica, ma per realizzarsi nel dono di sé, come ha fatto Lui.

Il giovane dà molto peso all'esperienza: su questo terreno può diventar preziosa una certa esperienza di Dio attraverso un incontro vivo e vitale con la Parola, con i sacramenti e con una comunità che sia trasparenza dei valori trascendenti.

L'accompagnatore

Si tratta di persone che hanno compiuto un cammino di maturazione e di integrazione, che li ha resi "adulti nella fede". Questo li rende capaci di indicare ad altri vie, metodi ed esperienze verso la medesima méta: la conformazione dell'umanità del giovane all'umanità di Gesù, ovvero diventare cristiani in un cammino di "auto trascendenza teocentrica nell'amore"².

Una prima questione si dà circa il termine "accompagnatore" e il termine "guida". Utilizzando la metafora³ del cammino in montagna la guida è quella che sta davanti e precede gli escursionisti. È la guida che ritma il cammino sulla scorta dell'esperienza già fatta, dei pericoli che vi si corrono, dei punti difficili e dei punti migliori per riposare e godere il panorama; sa quanto ancora manca prima dell'arrivo. In questo modalità, la guida traccia il cammino assumendosene tutta la responsabilità, mentre chi segue deve solo seguire.

Diversamente, il termine accompagnatore non designa uno che sta davanti, ma uno che sta accanto. Il cammino non è già stabilito, ma lo si decide e lo si percorre insieme. L'accompagnato sa che può contare sull'esperienza dell'accompagnatore, che darà i propri consigli, e sa che buona parte della responsabilità c'è l'ha lui. In questo modo il giovane è accompagnato a prendere consapevolezza di tutto quello che sta avvenendo lungo il cammino, imparando la fatica e l'arte del discernimento.

L'accompagnatore deve creare un ambiente di fiducia, senza cedere alla tentazione di giudizi definitivi o alla tentazione di classificare il giovane. Cerca di mantenere aperto il cuore nei confronti del giovane, per garantire una comunicazione sincera e profonda e agire alla luce del Vangelo: non è chiamato a fare lo psicologo o il teologo, ma il consigliere evangelico. L'accompagnatore deve esprimere fiducia e stima nella retta intenzione del discepolo e fede sicura nell'agire potente di Dio. Rivolgendosi a lui, il giovane si rende vulnerabile, sceglie di (o almeno dovrebbe) mostrarsi ad un altro senza maschere e senza difese: perciò ha bisogno che l'accompagnatore continui a manifestargli stima e fiducia anche dopo essere venuto a conoscenza dei suoi limiti e dei peccati. Compito dell'accompagnatore sarà quello di farsi garante del valore della perla preziosa nascosta nella vita del giovane, anche se ricoperta da disordini, ignoranza e illusioni

Il colloquio

Lo strumento principe dell'accompagnamento è il colloquio di accompagnamento spirituale. Questo è il mezzo principale per ascoltare la coscienza del giovane e comunicare con lui in profondità. Qui si può cogliere in che modo lo Spirito Santo stia agendo nell'accompagnato e come questi vi corrisponda o vi resista.

La forma del colloquio è strutturata in termini di tempo e di spazio. È molto importante un accordo chiaro tra accompagnatore e accompagnato: stabilire il luogo, la frequenza, la data e l'ora, la durata dell'incontro e fissare ogni volta l'appuntamento successivo. L'inizio di un cammino di accompagnamento ha la sua origine nel desiderio di chi vuole progredire nella vita spirituale. A volte può essere l'accompagnatore che fa la proposta, tuttavia sarà necessario un "sondaggio preliminare" per vedere se ci può essere sintonia tra accompagnatore e accompagnato. È da verificare se il richiedente sia alla sua prima esperienza o se abbia già fatto un cammino precedente. Gli incontri di accompagnamento

non si identificano con la confessione sacramentale, anche se non è da escludersi: tale aspetto va chiarito con il giovane stesso.

È consigliabile che l'accompagnatore predisponga un quaderno di appunti, da aprire prima e dopo colloquio, per verificare il vissuto dell'ultimo periodo, la fedeltà o meno a quanto deciso insieme nell'incontro precedente, le difficoltà emerse, gli obiettivi da raggiungere a breve o medio termine, e per prevedere i passi che il giovane può fare, secondo una dinamica della presenza-assenza4.

L'arte di accompagnare nella vita spirituale

Il terreno sul quale si muovono accompagnatore e accompagnato è la coscienza del giovane. Tocca al giovane aprire la propria coscienza all'accompagnatore, perché questi possa indirizzarlo ad una sempre più piena conformazione evangelica. In questa comunicazione ci sono due estremi da evitare: da una parte una genericità poco concreta, dall'altra di un'eccessiva attenzione ai particolari. Senza indurre il discepolo a farsi un perpetuo esame di coscienza, rischiando inutili introversioni, lo si aiuterà a guardarsi dentro: con la cura dell'interiorità, della preghiera e del raccoglimento potrà cogliere fatti concreti, sentimenti, reazioni, che lo aiutano o ostacolano nel cammino di conversione evangelica.

L'accompagnatore deve aver cura che il clima del colloquio favorisca sempre la più ampia fiducia: coltiva un atteggiamento di comprensione empatica, si interessa realmente di quello che viene detto senza giudicarlo, evita dibattiti o investigazioni, per scongiurare l'innalzamento di barriere inibenti o il rafforzamento di sensi di colpa. Non si tratta di dare direttive inopinabili, quanto di portare il giovane alla comprensione intelligente di ciò che deve fare nella propria vita spirituale.

Nel colloquio l'accompagnatore cercherà, per quanto possibile, di ripetere in modo sintetico quanto gli viene detto dal giovane. Così cercherà di ricordare, durante l'incontro, quanto detto in quello precedente, specialmente i particolari utili ai passi da compiere. L'accompagnatore potrà anche far uso di competenze psicologiche compatibili con l'antropologia cristiana, senza esplicitarlo o atteggiarsi a psicologo. Farà soprattutto riferimento alla Sacra Scrittura, alla luce della quale cercherà di leggere la vita del giovane e dalla quale troverà spunto per il cammino futuro, individuando anche eventuali passi concreti da fare. Per questo potrebbe essere utile iniziare il giovane alla lectio divina, o ascolto orante del Vangelo, come metodo di preghiera e discernimento.

Colloquio dopo colloquio l'accompagnatore farà emergere quali sono i nodi problematici della fisionomia spirituale del giovane, sui quali lavorare per eliminare o ridimensionare quanto di non evangelico fa parte della sua esperienza. Per questo è importante apprendere l'"arte del chiedere", calibrando i tempi (saper attendere) e i modi delle domande da fare.

L'accompagnatore avrà anche il compito di iniziare il discepolo al segreto del progresso spirituale, ovvero riconoscere e seguire fedelmente le mozioni divine. Nel cammino di maturazione si arriva a scoprire che le necessità della grazia possono essere in conflitto con quelle della natura e un segno del progresso sulla via della conversione: essere disposto di buon grado a offrire un sacrificio per il Signore.

Durante il colloquio ci si può chiedere periodicamente come stia andando: è preferibile che sia l'accompagnatore a chiedere al giovane un giudizio sul proprio cammino, per poi integrare o correggere la risposta data. Il giovane deve sentirsi protagonista del suo cammino, essere propositivo. In questo è determinante l'incoraggiamento a pensare, riflettere, cercare, giudicare con la propria testa, per farsi delle idee proprie e maturare scelte personali. Lungi dal fare del giovane un esecutore delle proprie direttive, l'accompagnatore "veglia" su di lui, secondo una dinamica della presenza-assenza, e lo accompagna ad elaborare la decisione in modo retto.

L'accompagnamento spirituale, tra i suoi frutti, dovrebbe portare ad un giudizio equilibrato su se stessi, una visione evangelica di sé. Ricorrere ad un altro per farsi guidare e una sincera apertura di cuore sono già buoni segni di umiltà, soprattutto quando si accompagnano ad una sana consapevolezza del proprio valore.

Questo processo avviene soprattutto quando il giovane giunge a riconoscere la propria peccaminosità alla luce della misericordia di Dio. Questa si riflette anche nello sguardo compassionevole e comprensivo dell'accompagnatore. Attraverso il suo aiuto il giovane imparerà a guardarsi con comprensione e amore, chiamando le cose con il loro nome accettando i propri limiti con umiltà e con gioia, consapevole che solo Dio salva.

Nel giovane va favorito lo spirito di iniziativa anche se questo può far incorrere in qualche errore, nel qual caso si troverà la forma per emendarlo. Nei colloqui lo si aiuterà a crescere nella moderazione, cioè nel rispetto della propria "misura", per evitare quelle esagerazioni 'spirituali' che non fanno crescere la persona. Il giovane dovrà essere aiutato a trovare quella che Dio vuole da lui.

Il giovane piano piano imparerà a far sue le regole fondamentali della vita spirituale, inizialmente attraverso un regola di vita5 da seguire con fedeltà. Questo programma non deve essere un assoluto quanto uno strumento per difendersi dalla instabilità dell'animo umano e custodire la fedeltà ai proponimenti necessari alla crescita della vita spirituale.

 

1. DE ALMEIDA, Antropologia cristiana e mondo giovanile. Spazi di convergenza, in B. KIELY – T. HEALY, La scelta difficile. Giovani ed esperienza cristiana, Ancora, Milano 1999, 8-38.

2. Questa è una delle idee centrali nella visione dell'antropologia cristiana elaborata dagli studi di L. M. Rulla e dall'Istituto di Psicologia dell'Università Gregoriana. Cfr. L. M. RULLA, Antropologia della vocazione cristiana. Vol. I: Basi interdisciplinari, EDB, Bologna 1997.

3. Cfr. G. SOVERNIGO, Come accompagnare nel cammino spirituale. Laboratorio di formazione, Edizioni Messaggero Padova – Facoltà Teologica del Triveneto, Padova 2012, 127.

4. Cfr. M. URIATI, Impostare un colloquio spirituale in DIOCESI DI BRESCIA, Il colloquio spirituale nel discernimento vocazionale, Brescia 1997, 23-24.

5. Cfr. S. PAGANI, L'accompagnamento spirituale dei giovani. Verso una regola di vita. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1997, 157-192.

 

Nicola Zuin ofmconv

Eremo San Felice

Cologna Veneta - Verona

 

 

 

 

 
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