n. 4
aprile 2004

 

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di Tiziana De Rosa
 

IL PROFUMO DELLA PRIMAVERA È NELL'ARIA

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Un antico detto recita così: «Aprile, dolce dormire, l’uccello a cantare, l’albero a fiorire…», quasi a sottolineare la vita che rinasce, rifiorisce, sboccia in questo mese primaverile che dà nuovo slancio alla natura, perché con nuova armonia si ammanti di colori e canti e suoni e nuova linfa vitale.

Anche noi – con l’inizio della nuova stagione della primavera – ci rinnoviamo: l’importante è sapere in che modo ci rinnoviamo e come superiamo, o abbandoniamo, la vecchia “pelle” per rivestirci di quella nuova… Se in primavera il nostro corpo dorme più volentieri, soprattutto all’alba, per ritemprarsi e ricaricarsi di nuova energia, anche il nostro cuore dovrebbe essere capace di palpitare e dar vita a rinnovati sentimenti di amore e di riconoscenza verso il Creatore – che ci dona una nuova opportunità per rinascere nel corpo e nello spirito; – e verso il nostro prossimo, che – con la sua diversità – ci aiuta a camminare e a superare le difficoltà quotidiane, “obbligandoci” a misurarci con la consistenza della nostra fede e con la capacità di accettazione di noi stesse e dell’altro/a, del diverso/a, dell’imprevedibile…

Se ogni giorno facciamo un passettino in questa direzione, allora realizzeremo la metanoia, cioè l’abbandono, come ci suggerisce san Paolo, dell’uomo vecchio per rivestirci del nuovo, Cristo, e diventare creature ri-nate, creature nuove. Se viviamo in forma nuova i rapporti con noi stesse, con la natura, con le cose e, soprattutto, se viviamo i rapporti umani e le relazioni in modo nuovo, che manifestino la novità di vita che è sbocciata in noi, allora saremo sulla buona strada…, seguendo Cristo Via.

La parola del Signore può venire in aiuto alla nostra fragilità, Gesù Verità, suggerendoci pensieri inediti, sentimenti palpitanti, gesti e azioni che creano fraternità e sororità, che aiutano a crescere e a uscire dal bozzolo che la sofferenza e le esperienze negative della vita ci hanno creato intorno, per rivivere la vita nuova che ci viene donata ogni momento. Solo così, da bruchi quali siamo, possiamo diventare, con coraggio, farfalle, come ci vuole il Padre dei cieli, che da sempre ci invita a nutrirci di Suo Figlio, Gesù Vita, per cristificarci e diventare persone autentiche, originali e non copie o fotocopie di modelli stereotipati, alla page.

Una domanda, a questo punto, può sorgere spontanea: che cosa manca al nostro impegno quotidiano? Ci sentiamo bene nella nostra pelle? Siamo segni facilmente decodificabili da chi ci incontra quotidianamente? Sappiamo che la conversione del cuore è sempre necessaria, ma dove cominciamo a rinnovarci, a convertirci?

Il libro del Siracide pone davanti ai nostri occhi l’importanza della gioia per la nostra vita e per la nostra testimonianza cristiana:

 

«Non abbandonarti alla tristezza,
non tormentarti con i tuoi pensieri.
La gioia del cuore è vita per l’uomo,
l’allegria di un uomo è lunga vita.
Distrai la tua anima, consola il tuo cuore,
tieni lontana la malinconia.
La malinconia ha rovinato molti,
da essa non si ricava nulla di buono.
Gelosia e ira accorciano i giorni,
la preoccupazione anticipa la vecchiaia.
Un cuore sereno è anche felice davanti ai cibi,
quello che mangia egli gusta».
                          (Sir 30,21-25)

San Paolo, però, ci consiglia di aspirare a carismi più grandi, asserendo che egli ci mostrerà una via migliore di tutte (cfr. 1Cor,12,31).

E qual è questa via migliore? Essa è la via della carità, la via dell’amore per Dio e per il prossimo. A questa via dobbiamo rinascere, a questa via dobbiamo risvegliarci, a questa via dobbiamo dedicarci, in questa via dobbiamo camminare e rifiorire, se vogliamo essere vere discepole di Gesù e testimoni autentici del Suo amore per ogni creatura: per te, per me, per la consorella e il confratello che mi vivono accanto, e che a volte possono essere un po’ “pesanti”, per la/il superiora/e della tua comunità, per il povero che bussa alla mia porta, ecc. ecc. Avendo ben presente nel cuore che:

«Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna…»

«La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,4-7).

Se questa è la nostra carità, se siamo in linea con gli insegnamenti dell’apostolo Paolo, se questi sono i sentimenti che nutriamo nel nostro cuore e dai quali facciamo scaturire gli atteggiamenti e le azioni di ogni giorno, se nelle nostre comunità circolano idee, atteggiamenti, azioni, conversazioni ispirati al dono teologale della carità, allora felici noi, beate noi, fortunate le comunità che vivono questa dimensione, perché in esse è già primavera, in esse è già presente e operante la risurrezione di Cristo, che fa di noi creature nuove, figlie predilette del Padre, sorelle amanti dell’umanità, costruttrici di un mondo migliore, perché «Quando i bacini dell’intendere e del volere sono gravidi di apertura al dono, la vita prorompe. E sugli scogli delle nostre incertezze la Parola torna a camminare fra noi».

Ecco, gioiamo della nuova primavera, gioiamo di essere vive, di amare. Rispondiamo con entusiasmo e convinzione alla chiamata di rinascita a vita nuova, convinte che ogni giorno è Pasqua se compiamo il passaggio dalla morte alla vita, dal rifiuto all’accettazione amorevole di persone, noi comprese, avvenimenti, cose, riconoscendo con gratitudine la nuova opportunità che ci viene offerta per abbandonare il ghiaccio del “nostro scontento”, il freddo delle lamentele inutili, della mormorazione deleteria, della tristezza vuota e inconsistente; il gelo dell’indifferenza e dell’accidia, per impegnarci totalmente a favore degli altri, a fiorire nel posto in cui siamo state piantate, a morire con Cristo per rinascere con Lui a Vita nuova.

Lo Spirito ci sprona continuamente a correre sulle vie del Signore, amando tutti e tutte, vivendo in pienezza la nostra vocazione e la nostra missione, testimoniando la gioia di appartenere al Dio di Gesù Cristo, ad essere e a costruire con Lui la famiglia di Dio. Accogliamo questo invito con coscienza ed entusiasmo, perché è questa la nostra strada, questa è la nostra realizzazione. Unite, possiamo formare una catena d’amore e di preghiera per difendere e umanizzare il mondo. Così, al tramonto della nostra vita, senza alcun timore di essere giudicate sull’amore, andremo incontro al nostro Padre celeste, perché nella Sua grande misericordia e bontà ci accolga, per sempre, nel Suo regno.

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