n. 12
dicembre 2002

 

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Il Rosario
«preghiera dal cuore cristologico»
1

Una introduzione
alla Lettera Apostolica «Rosarium Virginis Mariae»

di Angelo Amato
 

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1. L’Anno del Rosario: ottobre 2002-ottobre 2003

 Ci sono alcune novità in questa Lettera Apostolica del Santo Padre: 1. la proclamazione dell’Anno del Rosario; 2. l’introduzione di cinque nuovi misteri, chiamati «misteri della luce»; 3. la ridistribuzione dei misteri lungo la settimana: i misteri della luce da recitarsi al giovedì e quelli gaudiosi al sabato; 4. l’elevazione del rosario da preghiera riservata agli illetterati e ai semplici a una vera e propria “via” mariana di orazione e di spiritualità cristiana.

Dopo la grandiosa Enciclica Redemptoris Mater (1987) e la Lettera Apostolica Mulieris dignitatem (1988) e dopo il ciclo biennale di catechesi mariana (6 settembre 1995-12 novembre 1997)2, il Santo Padre ci offre all’inizio del terzo millennio una preziosa lezione di spiritualità mariana, concentrata sul pio esercizio del Rosario. Il linguaggio semplice e brillante e la sua indole profondamente autobiografica, fanno di questo documento una delle pagine più ispirate del suo magistero.

«Il rosario è la mia preghiera prediletta. Preghiera meravigliosa! Meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità» (n. 2). Così si esprime il Santo Padre sul Rosario, una preghiera che, fin dai suoi anni giovanili, ha avuto un posto importante nella sua vita spirituale, accompagnandolo nei momenti della gioia come in quelli della prova:

«Quante grazie ho ricevuto in questi anni dalla Vergine Santa attraverso il Rosario: Magnificat anima mea Dominum! Desidero elevare il mio grazie al Signore con le parole della sua Madre Santissima, sotto la cui protezione ho posto il mio ministero petrino. Totus tuus!» (n. 2).

 Col Rosario, una preghiera amata dai Santi e incoraggiata dal Magistero, preghiera dal cuore cristologico, preghiera che quasi compendia il messaggio evangelico, il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per contemplare la bellezza del volto di Gesù e sperimentare la profondità del suo amore.

Per promuovere e facilitare questa contemplazione il Santo Padre proclama «l’anno che va dall’ottobre di quest’anno all’ottobre del 2003 Anno del Rosario» (n. 3).

Si tratta, certo, di una novità, che riprende, però, una iniziativa analoga, già collaudata felicemente nei tre anni di preparazione al grande Giubileo dell’anno 2000, durante i quali la Chiesa intera fu impegnata nella meditazione del mistero dell’incarnazione salvifica del Figlio, della carità dello Spirito e della misericordia del Padre.

 La riscoperta del Rosario «porta al cuore stesso della vita cristiana e offre un’ordinaria quanto feconda opportunità spirituale e pedagogica per la contemplazione personale, la formazione del popolo di Dio e la nuova evangelizzazione» (n. 3). Alle due obiezioni che si rivolgono più frequentemente a questa pratica, considerata da alcuni antiliturgica e antiecumenica, il Papa risponde che essa «non si oppone alla Liturgia, ma le fa da supporto»; inoltre, essendo una preghiera essenzialmente cristologica, «il Rosario è un aiuto, non certo un ostacolo all’ecumenismo!» (n. 4).

 Il Rosario, infine, si situa nella migliore e più sperimentata tradizione della contemplazione cristiana. Sviluppatosi in Occidente, il Rosario è preghiera tipicamente meditativa e corrisponde, in qualche modo, alla «preghiera del cuore» o «preghiera di Gesù» germogliata nell’humus dell’Oriente cristiano (cf n. 5).

I Santi ne hanno fatto un’autentica scuola di orazione. Si citano, al riguardo, san Luigi Maria Grignion de Montfort, Padre Pio da Pietrelcina e soprattutto il beato Bartolo Longo, apostolo del Rosario, che affermava: «Chi propaga il Rosario è salvo!» (n. 8).

Dopo questa introduzione, la Lettera si suddivide in tre parti, dedicate rispettivamente alla contemplazione di Gesù in compagnia di Maria, alla meditazione dei misteri vecchi e nuovi del Rosario e alle concrete modalità della sua recita.

In un tempo, come il nostro, in cui affiora una nuova esigenza di spiritualità, spesso sollecitata dai richiami e dagli influssi di altre religioni, il Rosario può costituire una forma sobria e popolare, ma altamente educativa, della pietà e della santità cristiana.

  

2. La contemplazione del volto di Gesù in compagnia di Maria

 2.1. Gli occhi di Maria fissi su Gesù

 Sul Tabor e solo per breve tempo, Pietro, Giacomo e Giovanni furono rapiti dalla bellezza del Redentore, trasfigurato dalla luce della sua divinità. Maria, invece, si dedicò assiduamente alla contemplazione del suo Figlio divino a Betlemme come a Nazareth, a Cana come sul Calvario. In tal modo, la contemplazione di Cristo trova in lei un modello insuperabile: «Il volto del Figlio le appartiene a titolo speciale» (n. 10).

A questo punto si fa altamente poetica la modulazione che il Papa fa dello sguardo adorante di Maria nei confronti di Gesù:

 «Sarà talora uno sguardo interrogativo, come nell’episodio dello smarrimento nel tempio: “Figlio, perché ci hai fatto così?” (Lc 2,48);

 sarà in ogni caso uno sguardo penetrante, capace di leggere nell’intimo di Gesù, fino a percepirne i sentimenti nascosti e a indovinarne le scelte, come a Cana (cf Gv 2,5);

 altre volte sarà uno sguardo addolorato, soprattutto sotto la croce, dove sarà ancora, in certo senso, lo sguardo della “partoriente”, giacché Maria non si limiterà a condividere la passione e la morte dell’Unigenito, ma accoglierà il nuovo figlio a Lei consegnato nel discepolo prediletto (cf Gv 19,26-27);

nel mattino di Pasqua sarà uno sguardo radioso per la gioia della risurrezione

 e, infine, uno sguardo ardente per l’effusione dello Spirito nel giorno di Pentecoste (cf At 1,14)» (n. 10).

 Maria ha vissuto con gli occhi fissi su Gesù, facendo tesoro di ogni sua parola e azione. E i ricordi di Gesù, impressi nella sua anima, costituirono in un certo senso «il “rosario” che Ella stessa ha costantemente recitato nei giorni della sua vita terrena» (n. 11).

 

2.2. Il Rosario, preghiera contemplativa

 A partire da questa esperienza mariana, il Rosario si qualifica come una preghiera spiccatamente contemplativa.

Sono cinque le dimensioni che ne definiscono il carattere contemplativo.

 1. Ricordare Cristo con Maria. Il ricordare qui viene inteso nel senso biblicamente pieno della memoria, che attualizza nell’oggi le opere compiute da Dio nella storia della salvezza. Questa attualizzazione si realizza particolarmente nella Liturgia. Ma, se la Liturgia è azione salvifica per eccellenza, «il Rosario, quale meditazione su Cristo con Maria, è contemplazione salutare» (n. 13). In tal modo, con la partecipazione alla Liturgia e con la recita del Rosario, il fedele vive l’impegno evangelico della preghiera incessante e dell’assimilazione esistenziale del mistero della salvezza.

 2. Imparare Cristo da Maria. Se Gesù è il Maestro per eccellenza, il rivelatore e la rivelazione, «non si tratta solo di imparare le cose che Egli ha insegnato, ma di “imparare Lui”» (n. 14). In questo apprendimento nessuno è più esperto di Maria, dal momento che «tra gli esseri umani, nessuno meglio di Lei conosce Cristo, nessuno come la Madre può introdurci a una conoscenza profonda del suo mistero» (n. 14). Il meditare, quindi, le scene del Rosario è mettersi alla scuola di Maria, per leggere Cristo, penetrarne i segreti, comprenderne la lezione di verità e di vita.

 3. Conformarsi a Cristo con Maria. Questo apprendimento implica non soltanto una conoscenza teorica, ma una esperienza vitale del mistero di comunione con Gesù. È questa la spiritualità cristiana, che significa conformazione a Cristo, avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (cf Fil 2,5), rivestirsi di Cristo (Rm 13,14; Gal 3,27). Il Rosario consente a Maria di educarci e di plasmarci con sollecitudine materna, fino a quando Cristo non sia formato pienamente in noi (cf Gal 4,19).

Qui viene opportunamente richiamata la dottrina mariana del Montfort, secondo il quale, essendo Maria la creatura più conforme a Gesù Cristo, ne consegue che, tra tutte le devozioni, quella che consacra e conforma di più un’anima a Nostro Signore è la devozione a Maria, sua santa Madre. (cf n. 15)3.

 4. Supplicare Cristo con Maria. La conformazione a Cristo implica una incessante vita di preghiera. Il Rosario sostiene la preghiera dei fedeli e l’insistente implorazione della Madre di Dio poggia sulla fiducia che Ella, come a Cana, può tutto sul cuore del Figlio. Dice il Papa:

«Ella è “onnipotente per grazia”, come, con audace espressione da ben comprendere, diceva nella sua Supplica alla Vergine il beato Bartolo Longo. Una certezza, questa, che, a partire dal Vangelo, si è andata consolidando per via di esperienza nel popolo cristiano. Il sommo poeta Dante la interpreta stupendamente, nella linea di san Bernardo, quando canta: “Donna, se’ tanto grande e tanto vali, / che qual vuol grazia e a te non ricorre, / sua disianza vuol volar sanz’ali” (Par. XXXIII,13-15). Nel Rosario Maria, santuario dello Spirito Santo (cf Lc 1,35), mentre è supplicata da noi, si pone per noi davanti al Padre che l’ha colmata di grazia e al Figlio nato dal suo grembo, pregando con noi e per noi» (n. 16).

 5. Annunciare Cristo con Maria. Il Rosario oltre che preghiera contemplativa diventa anche «una significativa opportunità catechetica» (n. 17). Come nei secoli passati il Rosario è stato utilizzato a difesa della retta fede contro le eresie, così oggi, nei confronti delle nuove sfide, esso «conserva tutta la sua forza e rimane una risorsa non trascurabile nel corredo pastorale di ogni buon evangelizzatore» (n. 17).

  

3. Il Rosario «compendio del Vangelo»

 3.1. Una opportuna integrazione

 Alla contemplazione del volto di Gesù nella prima parte, segue, nella seconda parte, la meditazione dei misteri della sua proesistenza salvifica.

Nonostante la sua indole profondamente evangelica, il Rosario, però, addita solo alcuni dei tanti misteri della vita di Cristo. Per potenziare il suo spessore cristologico, il Papa ritiene opportuna un’integrazione, che consenta di abbracciare anche i misteri della vita pubblica di Cristo tra il Battesimo e la Passione, nei quali Gesù si presenta come «luce del mondo» (Gv 9,5).

Di conseguenza, «dopo aver ricordato l’incarnazione e la vita nascosta di Cristo (misteri della gioia), e prima di soffermarsi sulle sofferenze della passione (misteri del dolore), e sul trionfo della risurrezione (misteri della gloria), la meditazione si porti anche su alcuni momenti particolarmente significativi della vita pubblica (misteri della luce)» (n. 19).

Questa integrazione, da una parte, conferma il Rosario come “compendio del Vangelo”, dall’altra, lo arricchisce di contenuto spirituale, quale «vera introduzione alla profondità del Cuore di Cristo, abisso di gioia e di luce, di dolore e di gloria» (n. 19).

 

3.2. I cinque nuovi «Misteri della luce»

 Dopo un accenno ai misteri della gioia che si irradia dall’Incarnazione (n. 20), il Santo Padre elenca e commenta i cinque nuovi misteri della luce.

Se è vero che tutto il mistero di Cristo è luce, essendo egli «la luce del mondo» (Gv 8,12), è altrettanto vero che questa dimensione emerge particolarmente negli anni della vita pubblica, quando Egli annuncia il vangelo del Regno:

Volendo indicare alla comunità cristiana cinque momenti significativi – misteri ‘luminosi’ – di questa fase della vita di Cristo, ritengo che essi possano essere opportunamente individuati:

 Il primo mistero di luce contempla il Battesimo di Gesù (Mt 3,17). Qui, mentre il nostro Redentore scende nell’acqua del fiume Giordano, il cielo si apre e la voce del Padre lo proclama Figlio diletto, mentre lo Spirito Santo scende su di Lui per investirlo della missione che lo attende.

 Il secondo mistero di luce considera l’inizio dei miracoli di Gesù alle nozze di Cana (cf Gv 2,1-12), quando il nostro Redentore (cf Gv 2,1-12), cambiando l’acqua in vino, apre alla fede il cuore dei discepoli grazie all’intervento di Maria, la prima dei credenti.

 Il terzo mistero di luce contempla la predicazione con la quale Gesù annuncia l’avvento del Regno di Dio e invita alla conversione (cf Mc 1,15), rimettendo i peccati di chi si accosta a Lui con umile fiducia (cf Mc 2,3-13; Lc 7,47-48): è l’inizio del ministero di misericordia che Egli eserciterà sino alla fine del mondo, specie attraverso il sacramento della Riconciliazione affidato alla sua Chiesa (cf Gv 20,22-23).

 Il quarto mistero di luce medita la Trasfigurazione sul Monte Tabor. La gloria della divinità sfolgora sul volto di Gesù, mentre il Padre lo accredita presso gli Apostoli estasiati, perché lo ascoltino (cf Lc 9,35 e par) e si dispongano a vivere con Lui il momento doloroso della Passione, per giungere con Lui alla gioia della Risurrezione e a una vita trasfigurata dallo Spirito Santo.

 Il quinto mistero di luce contempla l’istituzione dell’Eucaristia, nella quale Gesù si fa nutrimento con il suo Corpo e il suo Sangue sotto i segni del pane e del vino, testimoniando “sino alla fine” il suo amore per l’umanità (Gv 13,1), per la cui salvezza si offrì in sacrificio.

 In questi cinque misteri la presenza di Maria rimane sullo sfondo. Tuttavia, l’ammonizione che, a partire da Cana, Ella rivolge a tutta la Chiesa: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5), introduce opportunamente le parole e i segni di Cristo durante la sua vita pubblica, «costituendo lo sfondo mariano di tutti i “misteri della luce”» (n. 21).

 Il Santo Padre si sofferma poi brevemente sui misteri del dolore, fortemente evidenziati nei Vangeli e profondamente vissuti dalla pietà cristiana, soprattutto in Quaresima, mediante la pratica della Via Crucis (n. 22); e sui misteri della gloria, che costituiscono il vertice della contemplazione di Gesù: «La contemplazione del volto di Cristo non può fermarsi all’immagine di Lui crocifisso. Egli è il Risorto!» (n. 23).

 

3.3. La via di Maria

 Il Rosario non esaurisce certo il Vangelo, ma ne richiama l’essenziale e introduce il fedele «al gusto di una conoscenza di Cristo che continuamente attinge alla fonte pura del testo evangelico» (n. 24).

Tutto nella vita di Gesù è segno del suo Mistero e a ciascun fedele è rivolto l’auspicio dell’Apostolo: «Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori» (Ef 3,17):

«Il Rosario si pone a servizio di questo ideale, offrendo il ‘segreto’ per aprirsi più facilmente a una conoscenza profonda e coinvolgente di Cristo. Potremmo dirlo la via di Maria» (n. 24).

Nel Rosario «i misteri di Cristo sono anche, in certo senso, i misteri della Madre, persino quando non vi è direttamente coinvolta, per il fatto stesso che Ella vive di Lui e per Lui» (n. 24). Ma nel Rosario batte anche il ritmo della vita umana, dal momento che il mistero di Cristo ricapitola, svela e redime il mistero dell’uomo.

Questa seconda parte si conclude con una finissima analisi antropologica, per cui, ripercorrendo i misteri di Gesù, il fedele ritrova la verità della sua esistenza umana:

«Contemplando la sua nascita impara la sacralità della vita,

guardando alla casa di Nazareth apprende la verità originaria sulla famiglia secondo il disegno di Dio,

ascoltando il Maestro nei misteri della vita pubblica attinge la luce per entrare nel Regno di Dio

e, seguendolo sulla via del Calvario, impara il senso del dolore salvifico.

Infine, contemplando Cristo e sua Madre nella gloria, vede il traguardo a cui ciascuno di noi è chiamato, se si lascia sanare e trasfigurare dallo Spirito Santo.

Si può dire così che ciascun mistero del Rosario, ben meditato, getta luce sul mistero dell’uomo» (n. 25).

  

4. Il Rosario, via di assimilazione a Cristo

 La terza parte tratta della modalità di recitazione del Rosario, che si fonda su due caratteristiche: la ripetizione e la riflessione. La ripetizione dell’Ave Maria costituisce una manifestazione di amore alla Vergine ed esprime il desiderio di una sempre più piena conformazione a Cristo.

L’apostolo Paolo ha espresso questo programma con espressioni memorabili:

«Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21);

«Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).

Ma perché il Rosario possa raggiungere questo obiettivo deve essere ulteriormente migliorato. A questo proposito, il Santo Padre suggerisce alcune modalità di recitazione. Si tratta di sette suggerimenti che possono potenziare il Rosario, come metodo di meditazione (n. 28).

 1. Anzitutto l’enunciazione del mistero può essere opportunamente accompagnata dalla contemplazione di un’icona, che lo raffiguri. Si tratta di una specie di “compositio loci”, presente nella tradizione spirituale occidentale e proposta, ad esempio, da sant’Ignazio di Loyola nei suoi Esercizi Spirituali. Il ricorso ad elementi visivi e immaginativi possono favorire la concentrazione dell’animo sul mistero da meditare (n. 29).

 2. All’enunciazione del mistero può essere utile unire la proclamazione di un passo biblico corrispondente, che, a seconda delle circostanze, può essere più o meno ampio. Si tratta di lasciar parlare Dio e di ascoltarne la parola ispirata, pronunciata per me oggi con una straordinaria efficacia di grazia (n. 30).

 3. È poi opportuno che, dopo l’enunciazione del mistero e la proclamazione della Parola, ci sia un adeguato periodo di silenzio: «La riscoperta del valore del silenzio è uno dei segreti per la pratica della contemplazione e della meditazione» (n. 31).

 4. Al silenzio segue la preghiera del Padre nostro, fondamento della meditazione cristologico-mariana, che si sviluppa con la ripetizione dell’Ave Maria (n. 32).

 5. Le dieci Ave Maria costituiscono l’elemento più appariscente e corposo del Rosario, facendone la preghiera mariana per eccellenza: «Ripetere il nome di Gesù – l’unico nome nel quale ci è dato di sperare salvezza (cf At 4,12) – intrecciato con quello della Madre Santissima, e quasi lasciando che sia Lei stessa a suggerirlo a noi, costituisce un cammino di assimilazione, che mira a farci entrare sempre più profondamente nella vita di Cristo» (n. 33).

 6. Il Gloria, con la sua dossologia trinitaria, rappresenta il traguardo e il culmine di questa contemplazione di Cristo in compagnia di Maria. Lungi dal costituire una rapida conclusione, il Gloria, che potrebbe anche essere cantato, eleva l’animo all’altezza del Paradiso, facendoci rivivere in qualche modo l’esperienza del Tabor, quando Pietro esclamò: «È bello per noi stare qui» (Lc 9,33)» (n. 34).

 7. Infine la stessa corona può dare, col suo simbolismo, un ulteriore spessore alla contemplazione:

- essa, infatti, parte e arriva al Crocifisso, che in tal modo apre e chiude il cammino stesso dell’orazione: tutto inizia da Lui e tutto tende a Lui e, mediante Lui, al Padre, nella carità dello Spirito santo;

- come strumento di conteggio, che scandisce l’avanzare della preghiera, essa evoca l’incessante cammino della contemplazione e della perfezione cristiana;

- la corona, infine, ci ricorda il vincolo di comunione e di fraternità che tutti ci lega in Cristo (n. 37).

  

5. Il Rosario, preghiera dei consacrati

 «Conto su di voi, consacrati e consacrate, chiamati a titolo particolare a contemplare il volto di Cristo, alla scuola di Maria» (n. 43). È questo l’invito che il Papa rivolge ai consacrati, particolarmente esperti in questa preghiera mariana. Del resto, storicamente parlando, si deve ai consacrati, in modo particolare ai Domenicani, la diffusione di questo pio esercizio.

La corona del Rosario non manca mai tra le mani dei consacrati. Per loro il Rosario è la preghiera di tutte le ore e di tutte le stagioni. Recitato comunitariamente o sgranato personalmente nei momenti di silenzio e di pausa apostolica, il Rosario costituisce il respiro della loro preghiera personale. Col Rosario essi consolidano i vincoli di comunione e di carità fraterna. Nel Rosario trovano ancora una proposta apostolica avvincente anche per i giovani del terzo millennio, come dimostrano le giornate mondiali della gioventù.

L’esistenza consacrata, pertanto, sembra inverare in pieno la supplica pompeiana del Beato Bartolo Longo:

 «O Rosario benedetto di Maria,
catena dolce che ci rannodi a Dio,
vincolo di amore che ci unisci agli Angeli,
torre di salvezza negli assalti dell’inferno,
porto sicuro nel comune naufragio,
noi non ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell’ora dell’agonia.
A te l’ultimo bacio della vita che si spegne» (n. 43).

  

1. Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2002, n. 1. I numeri tra parentesi che si trovano nel testo si riferiscono a questo documento.

2. Giovanni Paolo II, Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa (= Catechesi sul Credo V), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998.

3. Si veda il Trattato della vera devozione a Maria, n. 120.

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