n. 02
febbraio 2002

 

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In questo secondo commento, ancora sulla relazione tra simbolismo e vita consacrata, Corrado Maggioni, monfortano, docente al Marianum di Roma, rifacendosi ad affermazioni di antichi popoli, ma soprattutto con la Bibbia alla mano, illustra il significato del simbolo “sole-luce”: ne chiarisce l’importanza, il significato e afferma cosa significhi e come può essere giustamente applicato alla vita consacrata, che deve essere “segno luminoso dei beni futuri”.

Erminio Antonello, lazzarista, dir. prov. delle Figlie della Carità in Sardegna, scrive di solitudine, nella sue espressioni egoistiche come la falsa soddisfazione di sé, e come sia possibile in modi equivoci fuggire da essa. Chiarisce anche come la si debba e la si possa elaborare e valorizzare sino a trasformarla in testimonianza.

Paola Moschetti, dell’Ordine delle vergini, eremita, si attarda a parlare di due aspetti fondamentali nella vita della donna consacrata: l’appartenenza e il dono. Solo vivendo una appartenenza piena, totale, concreta, definitiva al Signore, è possibile vivere il dono totale di sé ai fratelli e alle sorelle tutte.

Lucia Gallus offre in sintesi essenziale i valori di cui si è parlato durante il convegno del Claretianum, tenuto a Roma nel mese di dicembre del 2001. Un augurio è lecito: che il tutto diventi vita e non sia soltanto parola detta o ascoltata. Allora la vita di ognuno e di tutti sarà davvero incanalata nella luce delle Beatitudini.

Luciano Sandrin chiarisce i termini del tema affidato dal Pontefice per la Giornata dell’infermo che si celebra l’11 febbraio. La cura del malato/a, anche all’interno delle nostre comunità, perché sia efficace, deve radicarsi nella partecipazione matura alla sofferenza altrui. Si rende perciò necessario un dialogo altrettanto maturo all’interno del gruppo curante. Ma a questo, scrive con chiarezza e forza l’autore, ci si deve formare seriamente.

Infine Lloyd Baugh, gesuita, docente alla Pontificia Università Gregoriana, presenta il film su Gesù titolato Jesus. Lo analizza tutto, ponendolo in relazione con gli altri film prodotti da altri registi su Gesù. Il perché di questa critica la spiega l’autore stesso nella conclusione dell’articolo.

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