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n.5
settembre/ottobre 2014

 

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Matrimonio e crisi di umanità

 
di
CONCETTA FILOMENA SINOPOLI

 

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Amore 'liquido', in qualsiasi forma s'incanali… che di solidità e stabilità non possiede ormai le strutture, le basi, le dinamiche, pronto ad accontentasi di qualsiasi opportunità appetibile, la cui stessa definizione apre ad ogni parvenza di soddisfazione, che non preveda illusioni d'eternità o di responsabilità. Il legame non ha più senso, il patto può essere infranto, il matrimonio… 'contratto' a tempo 'determinabile'.

Di liquidità e inconsistenza parla, in molti suoi libri, il sociologo polacco Zygmunt Bauman che esamina e definisce, da studioso e uomo di grande esperienza, le relazioni alla luce di una post-modernità decadente, confusa, capace di trascinare, quasi torrente in piena, le basi strutturali dell'essere umano verso una deriva oceanica, priva di ostacoli e di possibilità d'approdo.

Dai 62 anni di vita matrimoniale, vissuti come gioia di 'bene esclusivo', in un crescendo di amore, tenerezza e affetto per la moglie Janina, derivano alcune riflessioni: i sentimenti devono essere coltivati… fenomeni di trasformazione del vissuto umano hanno portato al malessere conseguente a possibilità di scelta, non sempre valoriali e coerenti, di uomini e donne del nostro tempo.

Dall'analisi sociologica precisa, constatabile intorno a noi, emerge che l'unicità della relazione non può essere sostituita dalla superficialità: essa, come gli stessi sentimenti, richiede impegno nel tempo, da rinnovare con sapienza e volontà; la mercificazione e la conversione in oggetto acquistabile o in 'regali', non compensano l'incapacità ad esprimere sentimenti personali, profondi, e presa di coscienza delle proprie mancanze: ciò non rafforza i legami, né aiuta a costruirne.

Dai legami alle connessioni

Incursioni improprie, strumentalizzazioni esistenziali e stress adattativo delle dinamiche relazionali sfociano in soluzioni fallaci, 'nuove' modalità di sentire e agire improntate a riduzionismo o 'disordine' post-moderno: le attese di immutabilità e l'indicazione naturale alla fiducia si trasformano in destabilizzante transitorietà; necessità, bisogni e tentativi paradossali  di compensazioni creano voragini incolmabili, vuoti di amore, di sentimenti ed emozioni irrazionali, sperimentati come traumatici, tragicamente espressi persino dalla cronaca.

Nei molteplici incontri superficiali o 'contatti' episodici, senza seguito, i legami sono sostituiti da connessioni, che l'interesse di ciascuno nei confronti dell'altro gestisce con più o meno frequenza.

Essendo 'Amore e morte' esperienze estreme, 'uniche' e irripetibili: il timore del definitivo crea ricerca continua, estenuante, di liberà da ogni parvenza di limitazione, conducendo all'insicurezza, al contrario, il bisogno di sicurezza limita la libertà. Ciò che appare novità da possedere, intesa come password di felicità, incita all'usa e getta del consumo sfrenato, a scartare qualsiasi buona abitudine come routine inaccettabile, a non riflettere per offrire all'altro opportunità di aiuto nelle difficoltà, considerando il proprio imprescindibile bisogno a scapito dell'altro, attratti e conquistati dalla 'tentazione della tentazione' (E. Lévinas).

L'oggetto della tentazione perde interesse in favore dell''essere tentati', desiderato, in realtà, come status: alla stessa libertà si sostituisce una nuova routine. La tentazione è dunque 'un'imboscata nella quale tendiamo a cadere gioiosamente e volontariamente', dopo aver cambiato nome all'inciampo (peccato), divenuto desiderio/oggetto appagante. La gratificazione istantanea e senza legami è 'prodotto del mercato, che ha saputo capitalizzare la nostra attitudine a vivere il presente'.

Carpe diem

Il '68 e le proteste giovanili, alla ricerca di alternative a modalità di relazionarsi considerate statiche, all'educazione, ai valori di continuità e costanza, introducono il bisogno d'appagamento immediato e di libertà sessuale improvvisamente improrogabili, sperimentabili senza conseguenze, da mettere in atto sottraendosi, in 'massa', a riflessione e rimpianti… Superficialità e disimpegno entrano nella sfera privata, minano ciò che appartiene alla persona, al singolo, in nome di una libertà pronta a scardinare frontiere culturali e a cimentarsi con traguardi da raggiungere. Prudenza e riflessione filosofica sembrano avulse dalla realtà empirica, la scienza stessa è invocata sporadicamente come riferimento, spesso smentita da comportamenti eccessivi, irriverenti, da condotte a rischio e preminentemente sregolate che proclamano diritti all'autodistruzione piuttosto che rispetto della salute del corpo e della mente, ricercata solo quando è compromessa. La ribellione preferisce l'illusione d'essere migliori, più capaci o intelligenti dei propri 'genitori', e, provvisti di strumenti divulgativi e visibilità, di mezzi di comunicazione efficaci, i nuovi teorici defraudano, di fatto, le generazioni successive della capacità di valutazione personale, convincendo dell'inutilità del passato, della novità di un carpe diem sempre più interessante, manipolabile e utilizzabile.

Meccanismi destabilizzanti di 'potere' divulgativo cominciano a imporre una 'dittatura' larvata e irriconoscibile: impossibile resistere, opporsi a qualunque cambiamento, meglio lasciarsi andare alla corrente, non perdere l'occasione presente, cogliere il piacere e l'utile dell'offerta epidermica, ignorare il futuro, le conseguenze fisiche, psicologiche e, tanto meno, morali. Il tentativo di cancellare dall'orizzonte esigenze etiche ed istanze religiose, ha prodotto ricorsi all'evasione chimica e tributi ad ogni sorta di dipendenza.

L'esigenza di mettere radici

Le scelte di vita impegnano energie, tempo e risorse anche in prospettiva… in molti avvertono l'impossibilità di pensare di perdere oggi o domani la propria libertà, rimanendo in balìa di prossime occasioni 'migliori', procrastinando decisioni importanti o definitive. Contributo a tale 'libertà' è una continua incertezza,  pensiero debole, il lasciare al caso e ad altra situazione ogni possibilità, sia pur negativa.

Ciò distrugge l'esigenza di costruirsi, di mettere radici, di crescere: processi progressivi da coltivare continuamente, che non si possono improvvisare come dimostra la natura… Nell'era delle conquiste immediate, la crescita personale non si ottiene ad azione 'istantanea'. Le esperienze significative, un tempo essenziali per arricchirsi personalmente, sono vanificate dalla quantità di report accessibili per strumenti e protagonismo diffuso, molte altre si vivono in 'situazione', attraverso la 'rete'. Chi ha appreso il disimpegno sistematico di fronte agli eventi pondera convenienza e profitto e, all'occorrenza, sostituisce, abbandona l'oggetto difettoso, inseguendo soddisfazione altrove, compensando con frequentazioni solo 'se e quando servono', per egoismo assoluto, improntate a sostanziale, fruibile vantaggio, definite 'incarnazione dell'istantaneità e della smaltibilità' o 'relazioni tascabili' (C. Jarvie).

Ma 'amore liquido' è ancora quel bisogno di amare ed essere amati, irrinunciabile, coessenziale alla natura umana, che continua a ricercarne appagamento, rendendo ognuno perennemente insicuro della sua soddisfazione, mai abbastanza per fermarsi: un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame. Un amore, d'amicizia o di comunione a cui mancano le fondamenta, diremmo, psicologiche, identitarie, che alla prima occasione, al primo germoglio, come seme caduto sulle pietre, si brucia al sole, non avendo possibilità di radicarsi nel terreno 'inesistente/inconsistente'. Tale substrato, dal punto di vista psicopedagogico, appare non proprio incentivato, formato, arricchito o costituito a priori, mediante relazioni efficaci ed essenziali alla formazione e motivo relazionale della persona… provenendo, la carenza, dalla base, dall'inesistenza o dalla distorsione delle relazioni primarie genitoriali, generative.

L'economia dell'effimero

Il consumismo riempie voragini, trasforma in 'ossessivi': case e spazio interiore traboccano di 'oggetti' e di gratificazioni continue che svuotano i portafogli, ci si indebita per avere/ottenere e, inevitabilmente, si avverte il vuoto dell'essere (E. Fromm). L'economia dell'effimero ricopre di ridicolo un'autentica filosofia dell'esistenza: la gioia di essere e di vivere si riducono a fantastiche ed inconsistenti chimere. Soggettività e libera scelta, naufragate combattendo Super Io, regola e tradizioni, sono sepolte con l'esperienza trans-generazionale di cui nessuno avverte richiamo. 'Immagini' riflesse di noi stessi, non crediamo più d'appartenerci e appartenere, nell'impossibilità di conoscerci in verità, limiti e povertà compresi.

Tutto ciò spiega e descrive modifiche e 'patologie' della relazione di coppia e del 'matrimonio' termine obsoleto o ridefinito, volendo ignorare inequivocabili conseguenze umane e generazionali. Attratti da un potenziale partner ci si ritrova nell'impossibilità di aprirsi all'altro, di apprezzarne qualità, affinità e riconoscere realtà esistenziale, cogliendo aspetti insignificanti senza concedersi un tempo di confronto e di mutua conoscenza, sottovalutando la necessità di esporsi e lasciarsi coinvolgere, d'instaurare un dialogo per la vita che riveli il reciproco intento di donarsi in totalità, fiducia, fedeltà. Indeboliti nella volontà, resi superficiali e fragili nelle dinamiche interiori e nei gesti che l'amore autentico richiede, si dichiara, ad un certo punto, di non voler procedere, di non poter giungere ad una decisione matura e responsabile in vista di un impegno ratificato di fronte alla comunità e a Dio. Trascorso un breve periodo matrimoniale, si tenta, poi, di tornare indietro con evidenti conseguenze per altri, figli in tenera età e partner abbandonato a se stesso. Crisi personale o di coppia, psicopatologie che emergono senza preavviso travolgono drammaticamente famiglie e comunità, dimostrando assenza di parenti, amici e sostegno ecclesiale intorno a coppie in difficoltà. Carenze, deficit socioculturali e inconsistenza familiare di appartenenza, inducono, da molti decenni, giovani e adulti attempati ad evitare il matrimonio, o a 'recidere' il legame dopo averlo celebrato con i crismi di una tradizione 'senza fondamenta'.

Fidarsi l'uno dell'altro

Di solide fondamenta ogni costruzione ben ordinata e duratura ha indispensabile ed esistenziale esigenza (Ef 1, 13-23), a partire, in tal caso, da un'adeguata sperimentazione di sé, dal valore del discernimento vocazionale e di quello personale per modificare atteggiamenti e correggere errori, dal coraggio di provare a superare barriere, richiedendo aiuto e riponendo fiducia in sé, nell'altro o, con umiltà, affidandosi a figure di accompagnamento specifico.

Coloro che hanno deciso, infatti, di fidarsi l'uno dell'altro – dopo 'essersi scelti' per la vita – sanno affrontare 'insieme' ogni difficoltà, ogni evento, ogni stagione della vita: una crisi coniugale o altro ostacolo di percorso relazionale e valoriale diventano sfide 'avvincenti' da affrontare, in due invocano la presenza di Cristo in mezzo a loro (Mt 18, 20). La loro fede è riposta nella certezza della grazia che lo Spirito elargisce per il superamento di qualsiasi sofferenza, dolore, prova e possibile incursione del male, la loro speranza è nella condivisione della preghiera e dell'invocazione, il loro sostegno nella vita sacramentale e comunitaria, la loro vocazione vivificata dalla partecipazione al dono incessante di Cristo Crocifisso e Risorto, quali membri attivi della sua Presenza nel contesto e nel luogo in cui sono chiamati a collaborare con Dio stesso.

 

Concetta Filomena Sinopoli

Docente di Bioetica

Pontificio Ateneo Regina Apostolorum

Via Milazzo, 14 – 00185 Roma

 

 

 

 
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