n. 2
febbraio 2003

 

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Prendersi cura delle sorelle anziane
di Rosa Alba Martino

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Prendersi cura delle sorelle anziane e malate, sia a livello di assistenza che di animazione, è un servizio che non può essere standardizzato o incasellato in un elenco di atteggiamenti da assumere, ma dovrebbe nascere, maturare e concretizzarsi in una “scelta” personale che richiede l’adesione della mente, del cuore, della volontà. Dovrebbe diventare “passione”, che vuole condividere, mettersi a fianco, amare le sorelle…spinte da forti motivazioni. Facile forse a dirsi e scriversi, spesso difficile da concretizzare nella routine di un servizio che richiede abnegazione, energie sempre nuove, creatività. Servizio forse non adatto a tutte, perché non può essere frutto di spontaneismo, volontarismo o fugace compassione che, se pur meritevoli, risulterebbero poco adeguati per un impegno che assorbe molte energie psico-fisiche e spirituali e che per risultare qualitativamente adeguato necessita di un’idonea preparazione.

 Negli interventi pubblicati nei precedenti numeri della rivista è stato rilevato come nell’ambiente religioso la terza e quarta età e la stessa malattia sono vissute, generalmente, in un atteggiamento di interiorità e di ascolto della vita, come tempo in cui la persona consacrata è particolarmente chiamata a fare sintesi della propria esperienza, a entrare gradualmente nell’accoglienza dei passaggi più o meno dolorosi dell’avanzare degli anni, con tutti i distacchi e le morti che tale avanzamento comporta.

Ciò assume un significato particolare per le sorelle che, nella vita religiosa, sono state educate a essere attive per gli altri, a spendere energie umane, spirituali e affettive, tempo per annunciare il Vangelo e per rispondere alle necessità pastorali dell’evangelizzazione nei diversi ambienti di vita e di cultura. Vivendo con queste sorelle anziane si percepisce chiaramente che le forti motivazioni apostoliche coltivate negli anni giovanili hanno esercitato su di loro una forza propulsiva capace di orientare tutta la vita. Queste sorelle, sorrette da una spiritualità essenziale, da una fede maturata in mezzo alle difficoltà apostoliche, giunte alla vecchiaia, sentono che i giorni e le ore vissute danno gioia e senso di pienezza, insieme a una profonda gratitudine a Dio per la propria realizzazione.

Coloro che hanno maturato queste convinzioni accolgono la solitudine, propria dell’età avanzata e del distacco dalle attività, come tempo favorevole per un ulteriore sviluppo della vita spirituale e una possibilità di ritorno a se stesse.

 Altre sorelle, alle quali la vecchiaia impone di essere passive, vivono con fatica il tempo prolungato che hanno a disposizione per riflettere, per pregare, e per rileggere con sapienza la propria esperienza di vita. Vivono questo passaggio come un disorientamento psicologico e un sentirsi escluse da mansioni, senza responsabilità dirette. Subentra in loro lo scoraggiamento e la depressione, poiché credono di non valere più per gli altri e provano tristezza per il corpo che invecchia, affermando spesso di desiderare di essere ancora attive e utili agli altri e all’ambiente in cui vivono. Alcune di loro, avendone la possibilità e la volontà, svolgono con piacere un servizio all’interno della casa e/o della comunità e offrono un sostegno concreto ad altre sorelle più bisognose.

Ci sono casi in cui, purtroppo, forse per una mancata formazione all’invecchiamento come apertura serena alle piccole morti e graduale disponibilità a cambiare ritmo di vita, il necessario passaggio dall’attività e dall’esteriorità all’interiorità e alla “passività attiva” viene vissuto con fatica, spesso come dramma, soprattutto quando le sorelle interessate faticano ad accettare di rendersi utili per piccoli lavori.

 

 L’assistenza come “essere con” e “essere per”

 Ci si rende conto che l’assistenza, il semplice accompa-gnamento o la stessa convivenza con queste sorelle anziane e/o malate assume diverse sfumature a secondo della situazione che ognuna vive. Da qui la necessità per chi sta loro accanto di adattarsi ed assumere i giusti atteggiamenti che possono aiutarle a vivere in maniera più rispondente alla loro dignità e necessità di consacrate.

Partendo dal presupposto che ogni sorella che noi abbiamo di fronte è un soggetto unico che bisogna cercare di comprendere nel processo storico del suo divenire e, soprattutto, trovandoci di fronte a una sorella malata, a parte tutte le considerazioni scientifiche che abbiamo già rilevato e da cui desideriamo partire, dobbiamo constatare che quasi sicuramente essa vive uno stato di decadenza psicofisica. Ma i valori, i desideri, i progetti, l’autentica essenza della vita interiore possono non declinare, anzi proprio in questa situazione di precarietà le risorse interiori possono trovare spazio e uno spessore più consistente. A questo proposito san Paolo ci dice: «Anche se il nostro uomo esteriore cade in sfacelo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno» (2Cor 4,16).

Di fronte a ciò ci sembra di poter affermare che un aspetto peculiare del rapporto assistenziale o di animazione alle sorelle anziane è la forma comunicativa-esistenziale ed è un servizio che trova nell’«essere con» e nell’«essere per», le motivazioni più profonde.

Anche in questa tappa della vita si tratta, non solo di mantenere vivo, ma anche di rendere più profondo e vero il clima fraterno e di famiglia all’interno delle comunità e che diventa sempre più significativo quando molti contatti vengono a mancare. Uno degli impegni importanti è perciò quello di favorire un ambiente fatto di relazioni semplici, vere, rispettose, accoglienti, aperte agli orizzonti apostolici. A questo contribuiscono non poco il tratto fraterno, delicato, caldo, capace di raccogliere con stima le confidenze che vengono fatte.

La serenità e la fiducia sono il premio di questo rapporto instaurato ed efficace fra la persona che ha bisogno e coloro che la curano, nella dimensione della comunione che è l’autentico modo di essere della famiglia radunata dall’amore del Signore.

  

La “relazione di aiuto” tra sorella anziana/malata e chi assiste o anima

 Coloro che assistono o animano le persone anziane sono quelli che hanno con esse maggiori contatti, e a loro le sorelle malate si rivolgono per chiedere informazioni, per stabilire i contatti con il medico, per essere rassicurate sui sintomi, per avere una “presenza” nei momenti di ansia e di solitudine.

E’ opportuno pertanto precisare, con chiarezza, il contesto che definisce il rapporto tra la sorella nel bisogno e chiede di essere aiutata e l’altra che si adopera per sopperire a tale bisogno. Esso si inscrive in quella che normalmente viene definita “relazione d’aiuto” che, impropriamente, si ritiene avere una modalità unilaterale, in cui coloro che assistono o animano la persona anziana e/o malata si prendono cura della loro malattia, favorendo così nelle persone assistite un atteggiamento di passività, dipendenza, sottomissione e deleghe di responsabilità. Ora, se è pur giusto sottolineare che l’aiuto faccia parte dell’ambito professionale sanitario, è ugualmente importante tenere presente come questo rapporto è autentico nel momento in cui l’incontro tra i due soggetti della relazione, tra chi assiste e la persona assistita, riconosce e valorizza le rispettive competenze.

La sorella anziana ha la competenza di riconoscersi soggetto della malattia, protagonista attiva; chi assiste o anima ha la competenza atta a risolvere il bisogno di cui è portatrice la persona anziana.

Un incontro tra queste due realtà, supera “la somma” delle esperienze e lo schema dei ruoli e allo stesso tempo costruisce un “qualcosa d’altro” che possiamo definire esperienza comune, condivisa, in cui non c’è più un modello di relazione standard, assoluto, ma un rapporto che ogni volta è da calibrare durante l’iter della malattia; è irrepetibile, come unici e irrepetibili sono gli esseri umani.

 Partendo da questa premessa, chi assiste o anima le sorelle anziane deve tenere conto della propria storia personale, della propria struttura psicologica, in cui possono albergare problematiche relative all’angoscia di morte, morte con la quale viene oggettivamente a contatto. E’ importante e significativo imparare a riconoscere i propri limiti. Ciò permette di trasmettere un’immagine umana e sana, che favorisce la comunicazione, permette di condividersi e sviluppa tutta quella parte sotterranea e profonda della dinamica interpersonale che qualifica il rapporto con la persona assistita.

Da quanto sopra esposto si rileva che, insieme all’aspetto assistenziale, quello dell’animazione nelle comunità di sorelle anziane e/o malate riveste un’importanza particolare e se ne rende conto chi è chiamata a viverla ogni giorno. E’ difficile poter standardizzare anche questa realtà e poter dare delle indicazioni valide per ogni occasione o situazione, soprattutto quando all’interno di una stessa comunità ci sono sorelle di diverse nazionalità, costumi, esperienze.

 

Suggerimenti concreti

 Cercheremo timidamente di offrire qualche suggerimento che, partendo da alcune situazioni concrete che già si vivono in vari Istituti, possono essere valorizzate in altre realtà comunitarie.

Nelle comunità che ospitano queste sorelle sarebbe opportuno dividere le anziane afflitte da infermità di carattere fisico da coloro che soffrono depressioni o altri disturbi psichici. Ciascun gruppo dovrebbe avere la suora animatrice e che coordina le eventuali suore infermiere, laici e altri professionisti della salute. Un medico clinico dovrebbe poter visitare le sorelle, periodicamente, per un controllo generale (2 volte al mese circa); se si dovesse porre la necessità sarebbe opportuno trasferirle nell’Ospedale più vicino.  

 

Luoghi da prevedere

 Ogni suora dovrebbe avere, possibilmente, una sua camera e bagno privato. Ci sembra necessario che la sorella anziana disponga di un suo spazio personale dove poter riposarsi, leggere, ascoltare la radio o pregare, quando lo ritiene necessario, senza disturbare nessuno. Tuttavia, per evitare il rischio dell’isolamento, facile nelle persone anziane, ci dovrebbero essere ampie sale comunitarie, bene illuminate e confortevoli, in cui riunirsi per guardare la televisione, bere qualche bevanda o mangiare anche un dolce, prendere parte alle ricreazioni, ricevere visite o semplicemente riunirsi.

  

Assistenza spirituale e orizzonti apostolici

 Spiritualmente dovrebbero essere ben assistite e con molta premura, possibilmente ogni giorno dovrebbero poter partecipare alla celebrazione eucaristica e ascoltare omelie appropriate, avere momenti di preghiera e di riflessioni periodiche guidate da suore o da sacerdoti.

All’interno del gruppo delle sorelle anziane si potrebbero costituire anche delle équipe per varie attività: celebrazioni liturgiche, relazioni sociali, ricreazioni, gruppi di preghiera e di lettura spirituale, catechesi. Quelle che possono, potrebbero aiutare nei compiti domestici, le autosufficienti potrebbero visitare o assistere le sorelle più malate, oppure semplicemente conversare con loro e tenere loro compagnia. Dovrebbero essere tenute informate delle necessità missionarie e pastorali, essere sollecitate alla preghiera dopo essere state informate sulle iniziative apostoliche della Congregazione per alimentare il senso di appartenenza che si rivela molto importante per la salute psichica delle sorelle.

In tutto questo è molto importante che si sentano utili e impegnate ad accrescere la stima di sé che tende a essere intaccata. Poiché l’obiettivo è di raggiungere l’equilibrio del corpo, della mente e dello spirito, sarebbe efficace offrire la possibilità di avere, nei giorni di sole, un’ora di passeggio nel parco per respirare aria pulita e per coltivare i rapporti umani.

In questo modo le sorelle mantengono le loro abilità e ne acquisiscono altre che potrebbero dimostrare in occasione di qualche festa o riunione della Congregazione in cui vengono invitate le superiore o le suore della case vicine. Questi momenti di scambio, di accoglienza, e di piccoli regali, farà loro molto bene.

  

Favorire la creatività

 Durante l’utilizzo del tempo libero sarebbe necessario favorire l’attività manuale, intellettuale, ricreativa e sociale. Oltre ad occupare il tempo, si potrebbe fare in modo che le sorelle giungano a modificare alcuni comportamenti e sviluppare nuove capacità creative e vitali.

L’attività crea un rapporto affettivo con l’oggetto prodotto e fa sì che questo sia sentito come qualcosa di proprio e gratificante. Le attività di questo tipo di terapia dovrebbero essere adattate alle necessità e possibilità delle sorelle e, soprattutto, che si sentano partecipi della missione della Congregazione col frutto dei loro piccoli lavoretti. Le suore dovrebbero avere piena libertà di parteciparvi o meno, ma sentendosi motivate dai buoni risultati è difficile che manchino.

Quanto detto pone in evidenza l’importanza che le persone preposte all’assistenza delle sorelle anziane mettano in atto la loro creatività. Così si potrà valorizzare le ricchezze di ogni sorella e ciò che si costruisce sarà frutto dell’impegno di tutte; nessuna sorella sia privata della sua responsabilità di “persona”; ciò che si fa sia veramente per il bene della persona e non un’occasione di soddisfare il proprio bisogno di fare del bene; non essere iperprotettive: a qualsiasi età la persona dovrebbe essere lasciata libera di rischiare, anche perché possa accettare più serenamente i propri limiti.

Ecco perché nell’assistenza o nell’animazione alle sorelle anziane non si può improvvisare, ma è necessario che la pianificazione venga fatta bene e la preparazione delle persone impegnate in questo servizio, venga adeguatamente curata.

  

Un ministero da vivere “alla pari”

 Assistere o animare le persone anziane non è un ministero a senso unico. Come ogni altro tipo di servizio al prossimo comporta non soltanto donare, ma anche ricevere. E specialmente questo avviene quando si vive la stessa situazione e si è alla pari con coloro che si curano.

Il ministero è avere cura di loro, ma lo scopo principale non è dar loro qualcosa da fare, distrarle, o tenere loro compagnia. Non è neppure dare loro dei consigli, insegnare qualcosa e nemmeno guarirle. Si è insieme a loro perché ci si preoccupa di loro, ma lasciando che ognuna sia se stessa, una persona importante qualunque sia la sua età, la sua salute fisica e psichica.

Le sorelle anziane con la loro storia e vita sono in grado di insegnare a chi le assiste o le anima a spogliarsi della propria illusione di essere “immortali”. Vedendo i loro occhi annebbiarsi, l’udito diminuire, la memoria svanire, non ci si può esimere dal pensare che questa è la vicenda di ogni essere umano. Ma dietro tutta questa serie di “diminuzioni” sicuramente possiamo scorgere la bellezza della persona.

Quando si vede una sorella anziana sgranare il suo Rosario o dirigersi come può, faticosamente, verso la cappella, si può toccare con mano la speranza. Le sorelle anziane ci insegnano con la loro vita che ogni giorno è tempo di comunicazione, perché ogni giorno è tempo di amare, purché il cuore sappia restare giovane.

Ci ricorda a questo proposito il Papa: «Allorché questo corpo è profondamente malato, totalmente inabile e l’uomo è quasi incapace di vivere e di agire, tanto più si mettono in evidenza l’interiore maturità e grandezza spirituale, costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e normali» (Salvifici Doloris, n° 26).

L’invecchiamento, spesso, è una tappa della vita associata alla malattia, ma non è essa stessa una malattia, al contrario è una tappa di grandi energie, e l’energia di ogni persona consacrata è la spiritualità. Questa spiritualità germoglia da un impegno generoso, sempre rinnovato che è testimone della fedeltà amante di Dio alla sua creatura e della risposta d’amore della creatura al suo Creatore e Signore. E’ un impegno grande che vive dell’essenziale, una spiritualità dell’essere intero, della preghiera e della sofferenza. E’ la realizzazione missionaria dell’essere completo.

La vigna del Signore aspetta operai, non solo a tutte le ore, ma anche a tutte le età. Nella terza e quarta età, o nella malattia si possono ancora riscoprire aspetti nuovi del carisma del proprio istituto, lasciare che penetri fino nelle profondità dell’essere, permettergli di formare in ognuna un modo nuovo di stare attente ai segni dei tempi servendosi di letture, riflessioni, dialoghi, discernimenti e scambi.

L’apostolato apre al cuore orizzonti sconfinati per la preghiera di lode, di domanda, di intercessione, di riparazione. Anche se la sorella anziana è chiamata a ritirarsi dall’attività apostolica e dalle varie responsabilità, si apre davanti a lei un campo di apostolato forse ancora sconosciuto, ma fecondo per la propria Congregazione e la Chiesa. Ci sembra di poter affermare che la più grande apostola delle sorelle anziane è un’altra sorella anziana. Non soltanto a livello individuale, ma anche comunitario, partecipando nei gruppi come lievito nella massa, o dando testimonianza del multiforme Vangelo. Le sorelle maggiori possono fare molto, ma soprattutto vivendo gioiosamente e coraggiosamente questo aspetto definitivo della loro vita.*

 

 I precedenti articoli sono stati pubblicati su CONSACRAZIONE E SERVIZIO, nn. 11/novembre 2002 e n. 1/gennaio 2003.

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