n. 12
dicembre 2010

 

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Questione educativa
Rischi e urgenze

di UGO SARTORIO

 

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Oggi non vi è chi non si esprima sulla questione educativa: ne parlano la Chiesa e la società civile, tutti coloro che ricoprono ruoli formativi, la gente comune.1 Varie espressioni sono state ormai codificate per esprimere il persistente disagio in questo ambito.

Emergenza educativa

Innanzitutto emergenza educativa, per dire la novità della questione, il suo venire allo scoperto in modo dirompente, tanto da richiedere l’attivazione di strategie di contenimento e contrasto di fenomeni degenerativi, di cui il bullismo è solo un sintomo. Non che nel passato l’educazione fosse cosa tranquilla, per il semplice fatto che ogni generazione di giovani ha avuto i suoi sussulti, le sue trasgressioni, i suoi confronti a muso duro con il mondo degli adulti, le sue lacerazioni. In passato, però, questa conflittualità intergenerazionale alla fine doveva fare i conti con la solidità di una fascia adulta consapevole del suo ruolo, convinta di poter e dover dare risposte e con la ferma volontà di orientare le nuove generazioni nel solco di una tradizione riconosciuta come buona e affidabile e di un mondo di valori condivisi.

Se dunque l’emergenza educativa può valere solo in parte per le nuove generazioni, è applicabile in senso pieno alle generazioni adulte, almeno anagraficamente. Noi tutti conosciamo alla perfezione i luoghi comuni, che attribuiscono alla condizione giovanile i tratti anche intensi del disagio, fino al nichilismo estremo, l’"ospite inquietante" (l’espressione è di Nietzsche) di cui parla Galimberti;2 conosciamo e tematizziamo meno le latitanze educative del mondo adulto, di quegli adulti – e sono molti – che si sono dati alla macchia, che hanno gettato la spugna, mettendo in atto un vero e proprio tradimento educativo.

Urgenza educativa

È la seconda espressione che consideriamo, e che sembra dire: bisogna fare in fretta perché non c’è tempo da perdere, stiamo arrivando a un punto di non ritorno per cui è necessario porre subito rimedio alla situazione. Cosa dire? Non sempre l’urgenza porta a compiere le cose giuste, soprattutto a cominciare dalla parte giusta. L’urgenza, nella maggior parte dei casi, non è amica della riflessione e della ponderatezza; orienta piuttosto al fare, a tamponare gli eccessi del momento, invece di aprire cammini che si inoltrano nel futuro, e a volte favorisce la riabilitazione di modelli educativi - anche discutibili - del passato. Urgenza e semplificazione vanno troppo spesso insieme, determinando un confronto della questione educativa solo declamatorio da una parte, o sbrigativamente interventista dall’altra. Nessuno nega che vi sia effettivamente urgenza; al contempo, si deve essere consapevoli che una situazione, la quale è degenerata negli anni e che può persino apparire fuori controllo, non si rimette in carreggiata con gli slogan o a colpi di bacchetta.

Il fatto dell’urgenza, poi, determina certamente un aumento e un accumulo di preoccupazione, che non sempre si trasforma in "occupazione".

Sfida educativa

È la terza espressione che vogliamo esaminare. Una sfida per chi? Ma prima ancora, lanciata da chi? Il rischio di una risposta parziale o settoriale, a questo livello, è in agguato. La colpa - si dice - è del mondo caotico dei mass-media e dei falsi modelli che propongono. Oppure, la colpa è della demotivazione degli educatori e della superficialità degli educandi. O anche, la colpa è della fragilità dei giovani e dell’immaturità degli adulti. Una sorta di rimpallo delle responsabilità, in cerca di un capro espiatorio contro il quale puntare il dito per decretare, infine, la condanna. Ancora una volta la complessità - elemento primario e inaggirabile del postmoderno3 - orienta a tenere il più possibile il giudizio sospeso. Non perché non vi siano indiziati, ma molto più semplicemente perché sono troppi, tra loro imbricati, ed è quanto mai arduo dipanare la matassa. Non è quindi con esecuzioni sommarie che si risolvono le cose.

Mentre un tempo educare era un compito di tutta evidenza, che si svolgeva da sé, quasi per consequenzialità sociale (sostanzialmente era la società nel suo insieme ad educare), oggi invece è una sfida, realtà da ricomprendere e riformulare. Una sfida a tutto campo, da tutti i lati e per tutti i soggetti, nessuno escluso. Che spinge a condividere, spostandone appena la prospettiva: è l’invito del sociologo francese Edgar Morin affinché "tutti quelli che hanno il compito di insegnare [che per noi diventa "educare"] si portino negli avamposti dell’incertezza del nostro tempo".4 Non per fomentarla, bensì per attraversarla.

Crisi educativa

È un’ulteriore espressione che va per la maggiore. Si sottintende il fatto che l’educazione è in crisi, anche se detta così appare come una tesi piuttosto rozza e imprecisa. Qui mi rifaccio alle parole di Angelo Scola, Patriarca di Venezia, che rispondendo a una domanda circa la tentazione oggi diffusa di rinunciare al compito educativo,5 risponde: "La sfiducia deriva da un dato di fatto ben illustrato da un’affermazione di Péguy: "Le crisi dell’insegnamento non sono crisi di insegnamento; denunciano, rappresentano crisi di vita e sono crisi di vita esse stesse". Intendo dire che non esiste mai, propriamente parlando, una crisi di educazione, una crisi "educativa", ma appunto una crisi di vita: dove non esiste una vita adeguata non si può comunicare nulla, non si può insegnare nulla ai giovani".

In qualche modo il Patriarca insinua un azzeramento della questione a livello tecnico-pratico, riportandola nell’alveo vitale delle relazioni, degli stili di vita, dei percorsi esistenziali, dei significati e del senso.6 Questa particolare sensibilità porta alla declinazione della categoria di testimonianza in tutta la sua estensione, umana e cristiana.

Ma veniamo ora all’espressione più connotata, per il fatto che ha dietro di sé una lunga storia.

Rischio educativo

È infatti il titolo di uno dei libri più incisivi scritti da don Giussani,7 il sacerdote di Desio che ha dedicato l’intera vita all’impresa formativa. L’azione educativa è introduzione all’esperienza integrale della realtà, e nella sua essenza il legame educativo mette in relazione due liberi soggetti - l’educatore e l’educando – coinvolti in un rapporto modulato dall’imporsi del reale. Il rischio è quindi innanzitutto quello del coinvolgimento: l’educatore che per primo, rispondendo all’appello della verità, si auto espone nei confronti dell’educando. Vi è poi il rischio, imponderabile, di una risposta che può non venire, di un assenso che può essere negato, di una libertà che non può essere posseduta e che decide altrimenti. Questo significa che il compito educativo comporta dei tratti drammatici, poiché il suo esito non è mai predeterminato; perciò non è fuori luogo e tanto meno enfatico parlare di "avventura educativa".

È facile comprendere il collegamento di questa posizione con il nostro tema: l’educazione si fonda sul legame, non estrinseco e neppure formale, tra due soggetti. Necessita inoltre di una volontà educativa e quindi propositiva, che non intende prevaricare l’altro, anzi vuole suscitare la sua libertà in pienezza: l’espressione adeguata per indicare tale intento potrebbe essere "liberare la libertà".

Anche se a questo punto si apre il non facile capitolo dei diversi modi di intendere la libertà nel postmoderno: là dove essa è concepita come assenza di legami, viene meno anche la possibilità del legame e quindi del processo formativo. Il rischio educativo, inoltre, fa riferimento alla realtà, alla forza educativa del reale: oggi però, come tutti constatiamo quotidianamente, la realtà è deformata, travisata, e sono molti coloro che preferiscono la scorciatoia e le nicchie del virtuale. C’è di più, perché il pensiero postmoderno non solo porta a una manipolazione della realtà, ma si spinge oltre fino a dissolvere il reale nel gioco senza fine delle interpretazioni. Non esiste una realtà da interpretare, ma esistono solo infinite interpretazioni della realtà.

Alleanza educativa

È l’ultima espressione della nostra serie. Un tempo non era neppure necessario parlarne, dal momento che la società era orientata in modo compatto verso gli stessi fini. Non esisteva contrapposizione tra famiglia, chiesa e scuola, e ogni soggetto educativo poteva contare sull’altro, se non per i contenuti sicuramente per i metodi formativi. Oggi questa omogeneità d’intenti è solo un vago ricordo, e, senza trascurare alcune forzature che quella situazione poteva comportare (non vanno dimenticati, lo ripeto, i limiti di certi stili educativi del passato), alcune sinergie sono da recuperare e da rilanciare.8 Il dialogo scuola-famiglia, tanto cruciale quanto problematico; il dialogo scuola e chiesa, filtrato dal concetto di "nuova laicità" così com’è stato formulato dal cardinal Angelo Scola:9 il rapporto chiesa-famiglia, per una collaborazione che può essere feconda.

1 Ne dà testimonianza il volume SERVIZIO NAZIONALE PER IL PROGETTO CULTURALE DELLA CEI, L’"emergenza educativa". Persona, intelligenza, libertà, amore. IX Forum del Progetto Culturale, Dehoniane, Bologna 2010.

2 Cf U. GALIMBERTI, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano 2007.

3 Che è il contesto dei nostri giorni, letto in modo sapienziale da C.M. MARTINI, Educare nella postmodernità, a cura di F. Monaco, Editrice La Scuola, Brescia 2010.

4 E. MORIN, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina, Milano 2001, 14.

5 Intervista di S. PERALDO, in Il Biellese, 16 maggio 2009.

6 In questa linea, più che di crisi educativa si dovrebbe parlare di "eclissi dell’agire educativo", vale a dire "della responsabilità educativa del mondo adulto nei riguardi delle nuove generazioni": R. SANI, "L’educazione tra rischio e libertà", in G. CHIOSSO (ed.), Sperare nell’uomo. Giussani, Morin, MacIntyre e la questione educativa, Sei, Torino 2009, 27.

7 Cf L. GIUSSANI, Il rischio educativo, Rizzoli, Milano 2006.

8 Insiste sulla necessità di "promuovere nel nostro Paese una sorta di alleanza per l’educazione": C. RUINI, "Prefazione", in AA.VV., La sfida educativa. Rapporto-proposta sull’educazione, a cura del Comitato per il progetto culturale della CEI, Laterza, Roma-Bari 2009, XVI.

9 C. A. SCOLA, Un nuova laicità. Temi per una società plurale, Marsilio, Venezia 2007.

Ugo Sartorio ofmconv
Direttore de Il Messaggero di sant’Antonio
Via Orto Botanico, 11 - 35123 Padova

 

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