n. 5
maggio 2002

 

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Una Parola Antica
"Alzati e va' a Ninive
la grande città" (Gio 1,2)

di Maria
Mori

 

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Ciao Giona,

ti scrivo da Ninive. Sì hai letto bene: Ni-ni-ve, là dove tu ti rifiutasti ostinatamente di andare mettendo alla prova anche la proverbiale pazienza di Dio.

Ninive non è cambiata poi molto, sai, da tremila anni a questa parte, anche se le luci al neon, le vetrine scintillanti e i clacson che strombazzano potrebbero farti pensare il contrario. Ma si tratta di un inganno, mera apparenza: basta che, come già facesti tu ai tuoi tempi, ci si incammini qualche isolato più in là del centro brulicante di turisti, che si coglie la vera natura di Ninive, l’essenza della grande città: agglomerato di contraddizioni dove speranza ed illusioni, vita e morte, gioia e dolore si mischiano e creano un ingorgo caotico come il traffico nelle ore di punta.

Dove ci sono famiglie che organizzano parties in verdi prati di ville principesche e altre che si ammassano per sopravvivere in misere baracche di fango. Dove ci sono giovani che arrivano con una borsa di studio per frequentare l'università e altri con un sacchetto di plastica da riempire con i regali ricavati dal commercio del proprio corpo.

Questa è la grande città, il mondo in cui non si vorrebbe andare; in cui non volevi andare tu, in cui non vorrei andare io, in cui non vorrebbero andare le nostre famiglie religiose. Perché la grande città è come il grande pesce che tutto fagocita, persino il profeta, persino il consacrato…

…e allora, molto meglio scegliere luoghi più sicuri e nelle programmazioni post-capitolari è bene preferire Tarsis anche se ormai essa pullula di Congregazioni religiose. Perché è risaputo, a Tarsis il clima è migliore e la gente è più buona e più accogliente. A Ninive invece c’è tutto da perdere: covo di peccatori, gente senza speranza di redenzione e, soprattutto, quella dimensione da far paura… tre giornate di cammino di baraccati, di fango, di vicoli ciechi, di ragazzi di strada, di malati di AIDS, di prostitute bambine, di immondezza a cielo aperto, di usurai affittuari di catapecchie.

Sì, il problema di Ninive, della città, è proprio questo: che essa è grande, troppo grande, così grande da non vederne la fine. La fine delle sue strade e la fine delle sue miserie.

E allora come Novecento, il protagonista de La leggenda del pianista sull’Oceano, non ce la sentiamo proprio di scendere dalla nave delle nostre vite religiosamente pianificate.

Forse anche noi, come capitò a te, avremmo bisogno di qualcuno che “ci butti a mare”, facendoci così capire che la via della missione, del lieto annuncio ai poveri, non può e non deve evitare di passare attraverso i vicoli delle grandi città, soprattutto del sud del mondo, dove milioni di fratelli impoveriti vivono, sopravvivono, più spesso muoiono.

Del resto anche tu, alla fine, a Ninive ci sei andato, anche se non proprio col sorriso sulle labbra. Ci sei andato, ti sei addentrato in essa, hai camminato, ti sei fermato, sei rimasto. Non hai costruito opere e neppure hai predicato un granchè. E’ bastata la tua semplice presenza di profeta, supportata ovviamente dalla Grazia di Dio, che mai si lascia vincere in generosità, per operare miracoli.

Allora, Giona, aiutaci a vincere le nostre resistenze, che furono anche le tue e a decidere finalmente il “santo viaggio” verso la grande città, verso tutte le Ninive di questo mondo soprattutto verso quelle del Sud del mondo.

L’inventore di Ninive, della città è Caino: forse per questo in essa è così difficile vivere la fraternità e (come già Padre Haring ricordava agli inizi degli anni ’80) in essa manca la dimensione umana del “vicinato”. Come non capire che lì sono indispensabili presenze religiose femminili, comunità-comunione, segni di fraternità condivisa?

Ogni Ninive è un po’ Babele, dove vengono aggregati e dispersi popoli differenti per lingua, cultura, fede e dove quindi le radici etnico-culturali-religiose rischiano inesorabilmente di spezzarsi, frantumarsi. Come non accogliere la chiamata a vivere lì il nostro essere “sorelle universali” presenze che promuovono ed esaltano la ricchezza delle “diversità?”

Aiutaci a vincere le nostre resistenze…

E l’esempio della tua storia, a noi così vicina, ci doni il coraggio di fidarci più di Dio che non delle nostre idee, sicurezze … ribellioni.

Così da rischiare di vedere miracoli.

Saluti da Ninive

Maria Mori
Missionaria in Tanzania

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